Anzi, nel “Parco” scritto con la lettera maiuscola, in Central Park.
Gli Stati Uniti, le città della East Coast, almeno, hanno avuto, fin dalle loro origini, bisogno di un “parco”, un’aerea verde comune da adibire a luogo di incontro, di svago collettivo, come il Central Park di New York.
Ma anche per pascolo e raccolta di fieno per chiunque volesse allevarsi un proprio gregge “cittadino”: e questo è il Common di Boston, dove pare che ancor oggi sia in vigore una legge che permette al bostoniano di andare a fare fieno nel parco, se vuole.
O parchi cella memoria, come il Mall di Washington DC, nato per essere luogo di parate, di celebrazione e di raccolta della storia della nazione.
Poi, ampliandosi le città e diventando questi parchi sempre più importanti nella vita collettiva, si sono popolati di memorie vere o elettive, di storie, di leggende, di fantasmi.
Il Common di Boston ne alleva di autoctoni, avendo dedicato una parte a cimitero, le cui lidi, cancellate e dimenticate dal tempo permangono, quasi spettrali memento mori della città.
New York celebra in altro modo, storie vere e storie inventate
Hans Christian Andersen e il brutto anatroccolo
Il cane Balto
Alice in Wonderland, sempre carica di bambini arrampicati ovunque, sul cappellaio matto, sulla lepre marzolina, su Alice stessa….
Il simbolico Padre Pellegrino
Per poi arrivare anche a memorie moderne
Stawberry Fields, il Memorial di John Lennon, ucciso pochi metri più in là, davanti allo splendido (e spettrale Dakota Building in cui abitava, lungo il parco
E oggi, devo dire, che di questo composto e veneratissimo luogo della memoria, quello che colpiscono di più sono le sue vestali